Questi giorni, il mondo sta vivendo, che lo si voglia mettere o no in evidenza, un momento che verrà scritto nei libri di storia dei nostri nipoti (forse pronipoti): il ritiro da Gaza. Cercano di scavare nel problema, troviamo due popoli che, francamente, hanno non difficoltà ma un'asma allergica a starsi vicini. Figurarsi a convivere. Una sinistra seria, se lo fosse quella italiana, andrebbe a parlare seriamente della cosa: il ritiro da Gaza, se non altro, qualcosa potrebbe muovere. Ecco, Sharon sta rischiando la carriera: a me sinceramente lui non piace, dato che rappresenta una destra (o centro-destra) conservatrice e liberale (ossimoro sempre più strisciante nel terzo millennio) alleata con la finanza più creativa, speculatica e nascosta made in Usa. Tuttavia, il premier israeliano rischia davvero la carrirera: il suo tentativo merita rispetto, e un pizzico di fiducia. Ciò che mi fa irritare, al contrario, è il comportamento di gran parte del popolo israeliano, insomma dell'opinione pubblica. Meglio vincere che pareggiare. Meglio continuare a farsi la guerra che stare in pace. E la squadra, militarmente ed economicamente più forte è quella di stampo occidentale. Che guardacaso è arrivata in quella terra nel dopoguerra, occupando una terra altrui. La sinistra deve dunque, imparare definitivamente a distinguere Resistenza e Terrorismo, da tutte le fazioni: chi si fa eslodere come un kamikatze per ammazzare civili, è un boia. Non un partigiano. Non per sembrare riformista, ma la sinistra ha i mezzi per migliorare da questo punto di vista: soprattutto RC dovrebbe fare una piccola marcia indietro. Pur continuando a sostenere la Palestina, la sua gente e questo popolo. Vittima della povertà e della disparità fra est e ovest. C'è una nuova cortina di ferro, a Gaza.